Tartufo

Tartufo

Il tartufo è uno degli ingredienti più pregiati e amati al mondo, considerato un vero e proprio tesoro della gastronomia. Questo fungo ipogeo cresce sotto terra in simbiosi con le radici di alcune piante e il suo aroma intenso e inconfondibile lo rende un protagonista indiscusso di molte ricette gourmet. Scopriamo insieme i vari aspetti che rendono il tartufo così speciale, dalla sua raccolta al suo uso in cucina.

Cos’è il tartufo

Il tartufo è un fungo sotterraneo che cresce in simbiosi con le radici di alberi come querce, noccioli, faggi e pioppi. Si forma sotto terra e viene raccolto con l’aiuto di cani addestrati, che sono capaci di fiutarne l’odore. La sua crescita dipende da condizioni ambientali specifiche, il che lo rende un ingrediente raro e molto ricercato. La particolarità del tartufo sta nel suo sapore intenso, che varia a seconda della specie, e nel suo aroma penetrante, che si sprigiona già a pochi grammi di utilizzo.

Il tartufo appartiene a due specie botaniche: il tartufo bianco, il più pregiato e profumato e il tartufo nero, di colore nero, di forma globosa gibboso e lobato.
Il più pregiato e costoso è il tartufo bianco detto anche d’Alba o del Piemonte, viene gustato rigorosamente da crudo, come il tartufo nero pregiato, da affettare direttamente sulla pietanza preparata. Dal punto di vista botanico sono considerati tartufi tutte le specie del genere Tuber, (famiglia delle Tuberacee, ordine delle Tuberales), specie di funghi ipogei che presentano carne soda e profumo gradevole e caratteristico. Nel linguaggio corrente, invece, con il termine tartufi ci si riferisce solo a quelle specie di cui è consentita la raccolta e la commercializzazione per il loro pregio e per le buone qualità organolettiche. Le uova al tegame ne esaltano il gusto e l’aroma.

Glossario del tartufo

Peridio: tessuto (corteccia) che riveste esternamente il carpoforo (tartufo).
Gleba: polpa interna del tartufo, detta anche carne del tartufo.
Verruche: protuberanze che costituiscono il peridio dei tartufi neri.
Asco: involucro a sacco contente le spore
Sporocarpo: il frutto ovvero il tartufo propriamente detto

Costo del tartufo

Il tartufo è uno degli ingredienti più costosi al mondo. Il suo prezzo varia a seconda della varietà, della qualità e della disponibilità stagionale. Il tartufo bianco può raggiungere cifre esorbitanti, fino a migliaia di euro al chilo. Per esempio, durante la stagione del tartufo bianco, il prezzo può superare facilmente i 4.000 euro al chilo. Il tartufo nero pregiato è meno costoso, ma comunque molto pregiato, con prezzi che si aggirano intorno ai 1.000-2.000 euro al chilo.

Il costo elevato del tartufo dipende dalla sua rarità, dal difficile processo di raccolta e dalla sua deperibilità. I tartufi devono essere consumati freschi, e ciò ne aumenta ulteriormente il valore.

Stagionalità del tartufo

Il tartufo ha una stagionalità ben precisa, e le varie specie crescono in periodi diversi dell’anno.

Varietà di tartufi

Ci sono parecchie varietà di tartufo. Di seguito le più diffuse e la descrizione.

Tartufo estivo o scorzone

Tartufo scorzoneTuber aestivum vitt.: raggiunge anche dimensioni notevoli e si presenta molto simile al tartufo nero, ma lo si distingue al taglio perchè la gleba non diventa scura, ma tende a un giallo scuro. Peridio: con verrucche piramidali di colore bruno. Odore: aromatico intenso, simile a quello dei porcini.

Tartufo uncinato o nero di Fragno  

Tartufo nero di FragnoTuber uncinatum chatin, esternamente molto simile al precedente difficilmente riconoscibile ad occhio nudo. Utilizzato per la produzione di insaccati e salse. Gleba: è di colore scuro, sul nocciola. Sapore: più marcato e saporito. Raccolta: da Giugno a Dicembre.

Tartufo nero d’inverno o trifola nera o brumale

Tartufo neroTuber brumale Vitt. Peridio: rosso scuro che diviene nera a maturazione. Verruche: piramidate. Gleba: grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura. Odore: emana poco profumo. Raccolta: da Gennaio a tutto Marzo.

Tartufo nero pregiato

Tartufo nero pregiatoTuber Melanosporum vitt. conosciuto come tartufo di Norcia o di Spoleto o truffe di Perigord per i francesi. Dopo il tartufo bianco è ritenuto il più pregiato. Peridio: ha un’aspetto abbastanza omogeneo e tondeggiante con verrucche poligonali. Il colore bruno nerastro della superficie assume sfumature color ruggine allo sfregamento. Gleba: chiara. Odore: intenso, aromatico fruttato. Raccolta: da Dicembre a Marzo.

Tartufo di Bagnoli

Tartufo di BagnoliTuber Mesentricum. Specie molto simile allo scorzone. Molto diffuso in Italia centro-meridionale. Odore: intenso di fenolo. Peridio: scuro e verruccoso. Gleba: consistente e biancastra con venature bianche. Raccolta: da Settembre ai primi di Maggio.

Tartufo nero liscio

Tartufo liscioTuber Macrosporum vitt. poco conosciuto e non commercializzato è molto apprezzato. Odore: vagamente agliaceo. Peridio: liscio con piccole verruche. Raccolta: da Agosto ad Ottobre.

Tartufo moscato

Tartufo moscatoTuber brumale var. moschatum De Ferry. Di dimensione mai superiore ad un uovo. Peridio: nero con piccole verruche molto basse. Gleba: scura con larghe vene bianche. Odore: emana un forte profumo. Sapore: piccante. Raccolta: da Febbraio a Marzo.

Tartufo bianco pregiato

Tartufo bianco pregiatoTuber Magnatum Pico è considerato il tartufo per antonomasia perchè riveste un’importanza commerciale notevole. Conosciuto anche come Tartufo d’Alba o del Piemonte perchè cresce soprattutto nel Monferrato e nelle Langhe. La pezzatura può variare notevolmente ma in genere si tratta di tartufi con dimensioni sostenute di 200-300 grammi fino al chilo. Il costo è davvero sostenuto! Peridio: globoso, con numerose depressioni che lo rendono irregolare. È liscio e leggermente vellutato. Il colore varia dall’ocra pallido al crema scuro fino al verdastro. Gleba: bianca e giallo grigiastra con sottili venature bianche. Odore: piacevolmente aromatico ma diverso dall’agliaceo degli altri tartufi, molto gustoso e tipico, può ricordare quello del formaggio grana. Raccolta: da Settembre a Dicembre.
Vedi anche Tartufo bianco pregiato.

Tartufo bianchetto o marzuolo

Tartufo bianchettoTuber Borchii Vitt. è un tartufo molto ricercato per tradizione in Toscana, Romagna, Marche, Abruzzo e Molise nonostante abbia un valore commerciale inferiore a quello bianco. Peridio: irregolare, liscio e di colore bianco sporco. Giunto a maturazione diventa più scuro. Gleba: inizialmente chiara diventa scura con la maturazione. Odore: si contraddistingue dal tartufo bianco perchè inizialmente tenue e gradevole, in un secondo tempo diventa aglioso e più forte. Sapore: non molto gradevole, viene spesso usato nelle paste tartufate o nei formaggi tartufati. Raccolta: da Gennaio a metà Aprile.

Quali sono i tartufi non commestibili

Non esistono tartufi tossici, ma alcuni, riconoscibili dall’odore nauseante o dalla assoluta mancanza di odore, possono provocare lievi disturbi gastro-intestinali. Tra questi:

Tartufo rosso o russo

Tartufo rosso o russoBalsamia Vulgaris vitt. Ha forma sferica. Peridio: non liscio, di colore rosso ferroso. Gleba: molle, lacunosa di colore avorio, solcata da numerose venature chiare. Odore: nauseante e penetrante. Se mangiato provoca nausea, vomito e diarrea.

Tartufo dei maiali o trifola bianca matta o rapone

Trifola mattaChoiromyces meandriformis Vitt. Ha forma sferica. Peridio: da bianco-gialliccio a nocciola, talvolta anche marrone, con screpolature biancastre. Gleba: carnosa, chiara, bianco – gialliccia, grigia o biondo – rosata, solcata da venature sinuose. Odore: penetrante, talora disgustoso. Mangiato crudo, provoca avvelenamento di una certa gravità.

La differenza tra tartufo bianco e nero

La differenza principale tra il tartufo bianco e il tartufo nero non è solo nel colore, ma anche nel sapore e nell’uso in cucina. Il tartufo bianco ha un gusto più delicato e raffinato, e viene sempre consumato crudo, spesso grattugiato sopra piatti caldi per sprigionare tutto il suo aroma. Il tartufo nero, invece, può essere utilizzato sia crudo che cotto e ha un sapore più robusto, che resiste meglio alla cottura.

Dove si trova il tartufo?

Il tartufo cresce bene nelle zone collinari e montane in simbiosi con querce, lecci, faggi, pioppi o salici e noccioli in boschi aperti. In particolare va sottolineato che il tartufo bianco si trova nelle regioni apenniniche italiane e nei Balcani. Nonostante sia ormai scontato associare il tartufo alle Langhe e al Monferrato, anche il Molise vanta un’ottima produzione. In Asia, Africa, America e Australia, vengono raccolte specie di tartufi di poco pregio.

Il tartufo cresce in diverse regioni del mondo, ma l’Italia è uno dei maggiori produttori. Le zone più rinomate per la raccolta del tartufo sono:

  • Piemonte: Alba è famosa in tutto il mondo per il suo tartufo bianco, considerato il migliore in assoluto. Qui si tiene anche la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, che attira appassionati e gourmet da tutto il mondo.
  • Umbria: La regione è conosciuta per il tartufo nero pregiato di Norcia e per la sua antica tradizione di raccolta del tartufo.
  • Toscana: In particolare nelle province di Siena e Firenze, si trovano sia tartufi bianchi che neri.
  • Marche e Abruzzo: Anche queste regioni hanno un’ottima produzione di tartufo, in particolare del tartufo nero.
  • Sicilia: Santa Domenica Vittoria, comune siciliano di origine feudale in provincia di Messina posizionato a oltre mille metri sul livello del mare tra i Monti Nebrodi e la Valle dell’Alcantara, è la patria per eccellenza del tartufo nero della Sicilia Orientale, rappresentando un vero e proprio vanto gastronomico. Le tartufaie rinvenute nella zona che si affaccia sul versante settentrionale dell’Etna crescono grazie al terreno calcareo e a un territorio scarsamente inquinato. Tra le feste e mostre legate al tartufo evidenziamo la Sagra del Tartufo che indicativamente si svolge durante il periodo dell’Immacolata.

Le tartufaie

In Italia sono presenti allo stato spontaneo, numerose specie di tartufo, di queste solo sette sono ammesse al commercio. La tartufaia è una zona più o meno ampia ove vi è il fungo ipogeo, che produrrà i corpi fruttiferi, questa può essere individuata, per alcune specie di tartufi neri, per assenza di erba, tale circostanza la rende visibile rispetto l’ambiente circostante, solitamente erboso.

Coltivazione del tartufo

La coltivazione dei tartufi in Italia è incominciata verso la metà degli anni ottanta del secolo scorso, con risultati estremamente diversi: da buone produzioni a completi fallimenti. La specie più largamente coltivata e che ha dato i migliori successi produttivi è con il tartufo nero pregiato, con il tartufo bianchetto e con il tartufo estivo. È stata tentata la coltivazione del tartufo bianco ma con esiti negativi.

Il cane da tartufo

La ricerca del tartufo si effettua normalmente con l’ausilio del cane. In genere non esiste una razza di “cani da tartufo”, sebbene venga indicato il Lagotto come tale, e molti cercatori utilizzano incroci delle razze braccoidi (Pointer, Bracco, Setter, Spinone e anche i Border). Anche cani meticci dotati di un buon olfatto sono idonei alla ricerca. Necessitano di un particolare addestramento. In genere sono comunque cani non di grossa taglia proprio per poter essere agili nell’intrufolarsi dentro a rovi e siepi.

Prodotti derivati dal tartufo

Esistono in commercio vari prodotti aromatizzati al tartufo come ad esempio l’olio al tartufo, ottimo per bruschette. Si trovano in vendita anche: il burro, le salse, le creme, il miele.
Chiaramente la presenza del tartufo è minima rispetto agli aromi chimici che solitamente vengono immessi per l’aromatizzazione.

Il tartufo in cucina

In cucina il tartufo bianco si utilizza crudo, tagliato a lamelle al momento, per condire risotti, tagliolini, carne, uova, patate ecc. Il tartufo nero si utilizza preferibilmente cotto. Le qualità meno pregiate trovano un ottimo utilizzo come guarnizione o nella preparazione delle salse, tagliati a pezzetti e messi a insaporire in padella con olio, aglio, acciuga e timo, quindi cosparsi sulla vivanda.
Ricette tipiche sono il risotto col tartufo e le uova al tegame con tartufo.

Come scegliere il tartufo

Al momento dell’acquisto non ci si deve basare solo sull’aspetto visivo, ma anche su quello olfattivo e tattile.

Deve presentare al tatto una spiccata durezza, sintomo di freschezza anche se non deve essere eccessivamente duro. L’aroma del tartufo è costituito da un ventaglio di sensazioni semplici e di intensità ed ampiezza variabile. Se prendiamo in considerazione per esempio il tartufo bianco odorandolo, si deve percepire un profumo equilibrato e delicato d’aglio, fieno e miele, mentre è senz’altro da scartare se si rimane inondati solo da un afflato di ammoniaca. La presenza di troppa terra può mascherare difetti ed imperfezioni.

Il prezzo

È consigliabile pretendere che i tartufi scelti siano accuratamente pesati e, naturalmente, è opportuno essere a conoscenza dei prezzi medi praticati nel periodo. Per verificare il prezzo consultare la Borsa del Tartufo con prezzi di vendita al pubblico trovatartufi.com.

Al ristorante

Si suggerisce di richiedere che venga “grattato” alla propria presenza. Solitamente si paga un costo supplementare per ogni “grattata”.

Come pulire e conservare

Innanzitutto il tartufo va pulito solo pochi minuti prima dell’uso. Per pulire i tartufi esistono due scuole di pensiero: spazzolarli delicatamente passandoli rapidamente sotto l’acqua tiepida e spazzolarli di nuovo, sfregarli infine con un panno umido finché non presentino più tracce di terra. Oppure sbucciarli come suggerisce l’enciclopedia Larousse Gastronomique.

Per meglio gustarne l’aroma, il tartufo dovrebbe essere consumato il prima possibile dalla raccolta.
Ecco alcuni metodi di conservazione:

  • In frigorifero avvolti uno ad uno, senza asportarne la terra, in tovaglioli di panno o carta da sostituire. Attenzione però che i latticini, le uova e le carni riposti nelle sue vicinanze, ne assorbono l’aroma.
  • Col riso. Dopo aver spazzolato delicatamente i tartufi, riporli in un contenitore a chiusura ermetica e ricoprire con del riso.
  • Cotti. Altro sistema per conservare più a lungo ogni specie di tartufo è quello di cuocerlo in olio, e ricavarne una salsetta che, in frigo, potrà rimanere per più di un mese senza subire alterazioni. Oppure si può tritare, se nero, o affettare se bianco ed amalgamare con del burro morbido, con l’aggiunta di poco sale, quindi ricomporre in una forma che può essere a tubo o a mattonella, come si preferisce. Questo sistema sarà valido per conservare tartufi per un mese o poco più.
  • Evitare la congelazione. L’acqua assorbita cristallizza e riduce, in fase di scongelamento le qualità del tartufo.

Quando il tartufo accenna a diventare “gommoso” al tatto, si consiglia di consumarlo immediatamente, in quanto ha raggiunto il massimo grado di maturazione.

Abbinamenti gastronomici

Il tartufo si presta a numerosi abbinamenti culinari, e bastano pochi grammi per arricchire un piatto. Gli abbinamenti più classici includono:

  • Pasta: Il tartufo, grattugiato o affettato sottilmente, è perfetto per condire pasta fresca, in particolare i tagliolini o la pasta all’uovo.
  • Uova: L’abbinamento con le uova al tegamino o strapazzate è un grande classico della cucina italiana.
  • Carne: Il tartufo nero in particolare si sposa bene con carni arrosto, filetto o carpacci.
  • Formaggi: Alcuni formaggi stagionati vengono aromatizzati direttamente con il tartufo, oppure serviti con scaglie di tartufo fresco.
  • Risotto: Un risotto al tartufo bianco è uno dei piatti più raffinati della cucina italiana.

Abbinamento col vino

Il consiglio di Alessandro Megna (somellier) per Alimentipedia.
“L’abbinamento vino e tartufi è una croce e delizia. Soprattutto se si parla di tartufi bianchi. Bisogna innanzitutto vedere che uso di cucina se ne faccia: sul risotto, su tajarin all’uovo, su semplici uova al tegamino (la loro morte migliore), con la fonduta.
Il tartufo, a differenza degli altri cibi, non vive di un “gusto” suo , e cioè non è né dolce, né salato, né amaro e né acido, caratteristiche che invece troviamo sempre – più o meno accentuate – in tutto ciò che andiamo ad assaggiare. Il tartufo vive di un concentrato di aroma e niente più, il che dona sensazioni molto fini e delicate, una sorta di “quinto senso” più retroolfattivo che gustativo a livello tattile, da prendere insomma “con i guanti” sia nella combinazione con i cibi , sia nell’abbinamento con i vini. La maggior parte di coloro che vanno a mangiare tartufo in Langa, presi dalla suggestione dell’abbinamento regionale, sorseggiano Barolo o Barbaresco…povero vino e poveri tartufi! L’imponenza di questi grandi rossi distrugge letteralmente quel microcosmo di bellissime – ma sottili – sensazioni aromatiche che ci dona questo grande tubero. Occorre quindi un vino bianco preferibilmente ottenuto da vitigni aromatici, che comunque non abbia una struttura troppo elevata. Potrebbe andare bene un Gewurztraminer dell’Alto Adige o anche del Trentino (un po’ meno aromatico), uno Chambave Muscat o un Muscat d’Alsace.

Per il Gewurztraminer altoatesino meglio se arriva dalle zone “alte” (Valle Isarco, Val Venosta) in quanto la struttura è più fine di quelli provenienti dalla zona classica (Termeno, Appiano, Caldaro, Cortaccia) e i profumi sono più delicati. Ovviamente potranno esserci alcune variazioni a seconda della consistenza del piatto: le uova col tartufo avranno bisogno di un bianco più delicato, un risotto col tartufo, con una discreta succulenza e untuosità data dalla presenza del burro reggerà anche bianchi con acidità più marcate. Idem per i Tajarin all’uovo col tartufo. La fonduta avrà una grassezza leggermente maggiore, una tendenza dolce e sapori più complessi, quindi possiamo mettere anche un rosso di montagna, con una discreta componente tannica e un soffio di aromaticità, come un Vallée d’Aoste Arnad-Montjovet o un Chambave Rouge.”

Informazioni nutrizionali

Contiene proteine, glucidi, grassi, sali minerali (soprattutto potassio, fosforo, sodio, calcio, ferro e zinco), vitamine del gruppo B; C ed E, acido folico ed è ricco di fibre.

Tabella nutrienti

Valori per ogni 100 gr di prodotto.

  • Calorie: 35 Kcal
  • Proteine: 6%
  • Glucidi: 0,7%
  • Grassi: 0,5%
  • Fibre: 8,5%

Il tartufo nella tradizione culturale

Il popolo greco lo chiamava Hydnon, da cui deriva il termine “idnologia” la scienza che si occupa dei tartufi. I latini lo chiamavano Tuber, dal verbo tumere, gonfiare, mentre per gli arabi era Tomer. Gli spagnoli Turma de tierra, gli inglesi Truffle, infine i tedeschi Truffel. I francesi Truffè che deriva da frode, collegato alla rappresentazione teatrale di Molière “Tartufe”del 1664.

Nell’arte

Tartuffe di Moliere“Tartuffe” di Moliere. Il Tartufo, ovvero l’impostore, è una commedia di Molière. Presentata al ventiseienne re di Francia e alla corte nel 1664, si inserì in un momento storico delicato, e lo fece con una satira pungente che non fu gradita agli ambienti conservatori e religiosi della monarchia, tanto che la cosiddetta «cabala dei devoti» ottenne la proibizione della rappresentazione pubblica della commedia.

Nella storia

  • Sin dall’antichità la sua presenza sulla tavola era indice di nobilita’ e potenza di chi l’offriva, in quanto considerato dai più il cibo degli Dei.
  • Tra i primi a conoscerlo furono sicuramente il popolo degli antichi Sumeri (3.500 a.C.) che utilizzava il tartufo mischiandolo ad orzo, ceci, lenticchie e senape.
  • Quindi fu la volta del popolo babilonese ed egizio: si narra del Faraone Cheope, 2600 a.c. che pretendesse decine di chili di tartufi cucinati con grasso d’oca per i suoi faraonici banchetti.
  • In seguito a farne uso furono i greci e i romani.
  • Galeno fu il primo medico sistematico greco, del II secolo a.c., a divulgare le qualità nutritive del tartufo e somministrarlo ai propri pazienti colpiti da impotenza rilevandone l’aspetto afrodisiaco.
  • Il medioevo condannò il tartufo e la sua aurea afrodisiaca come essenza demoniaca, veniva considerato nocivo perchè si pensava fosse lo sterco del diavolo, di cui se ne cibavano le streghe e che impedisse di orinare.
  • Ci volle il Rinascimento, e il ritorno alle pratiche greche e romane, per riportarlo nelle mense dei nobili e degli alti prelati all’antico splendore
  • Si racconta che Papa Gregorio IV ne fece largo uso per rifocillarsi dalla stanchezza patita contro i Saraceni, oppure che Sant’Ambrogio ringrazio’ il Vescovo di Como per la bonta’ dei tartufi ricevuti in regalo, estendendosi per fama e conoscenza su tutto il territorio europeo.
  • Nel 1831 Carlo Vittadini pubblicò Monographia Tuberacearum, per avere le prime classificazioni scientifiche di questo tubero ipogeo. Molte specie di tartufo portano ancor’oggi il nome di Carlo Vittadini, il turber melanosporum Vittadini, il tuber aestivum Vittadini, tubero borchii Vittadini, tuber brumale Vittadini.
    Liberamente tratto da www.assotartufai.it

Eventi

Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba (CN), Sagra del tartufo ad Dovadola (FC), Mostra Mercato del Tartufo Modenese (MO), Fiera Nazionale del Tartufo ad Acqualagna (PU), Grande fiera Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato a Sant’Agata Feltria (RN).

Curiosità e miti sul tartufo

Tartufo, cibo afrodisiaco?

Un tempo era ritenuto afrodisiaco (vedi Cucina afrodisiaca). La scienza ha appurato che gli effetti afrodisiaci del tartufo sono attribuibili alla presenza di sostanze odorose che agiscono al livello olfattivo non solo in certi animali ma anche nell’uomo, creando una certa “attrazione” per l’altro sesso.

Il tartufo nel cane

Si chiama tartufo l’estremità terminale del naso del cane.

Credenze antiche sul tartufo

  • Plutarco di Cheronea, filosofo greco, credeva che il tartufo fosse generato dall’acqua, che insieme ai fulmini e al calore nasceva, nascondendosi sotto terra.
  • Plinio lo descrisse come miracolo della natura, Porfirio lo reputava un dono degli Dei, Galeno ne interpretava la natura afrodisiaca, Cicerone, pensò fosse generato dalla terra, Giovenale, ne cantava le lodi senza interpretarne l’origine.

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