Maccheroni col pangrattato
«Se è vero, come dice Alessandro Dumas padre, che gli Inglesi non vivono che di roast-beef e di budino; gli olandesi di carne cotta in forno, di patate e di formaggio; i Tedeschi di sauer-kraut e di lardone affumicato; gli Spagnuoli di ceci, di cioccolata e di lardone rancido; gl’ltaliani di maccheroni, non ci sarà da fare le meraviglie se io ritorno spesso e volentieri sopra ai medesimi, anche perché mi sono sempre piaciuti; anzi poco mancò che per essi non mi acquistassi il bel titolo di Mangia maccheroni, e vi dirò in che modo. Mi trovavo nella trattoria dei Tre Re a Bologna, nel 1850 in compagnia di diversi studenti e di Felice Orsini amico d’uno di loro. Erano tempi nei quali in Romagna si discorreva sempre di politica e di cospirazioni; e l’Orsini, che pareva proprio nato per queste, ne parlava da entusiasta e con calore si affannava a dimostrarci come fosse prossima una sommossa, alla testa della quale, egli e qualche altro capo che nominava, avrebbero corsa Bologna armata mano. Io nel sentir trattare con sì poca prudenza e in un luogo pubblico di un argomento tanto compromettente e di un’impresa che mi pareva da pazzi, rimasi freddo a’ suoi discorsi e tranquillamente badavo a mangiare un piatto di maccheroni che avevo davanti. Questo contegno fu una puntura all’amor proprio dell’Orsini, il quale, rimasto mortificato, ogni volta che poi si ricordava di me, domandava agli amici: – Come sta Mangia maccheroni? – Mi par di vederlo ora quel giovane simpatico, di statura mezzana, snello della persona, viso pallido rotondo, lineamenti delicati, occhi nerissimi, capelli crespi, un po’ bleso nella pronunzia. Un’altra volta, molti anni dopo, lo combinai in un caffè a Meldola nel momento che fremente d’ira contro un tale che, abusando della sua fiducia, l’aveva offeso nell’onore, invitava un giovane a seguirlo a Firenze, per aiutarlo, diceva egli, a compiere una vendetta esemplare. Una sequela di fatti e di vicende, una più strana dell’altra, lo trassero dopo a quella tragica fine che tutti conoscono e tutti deplorano, ma che fu forse una spinta a Napoleone III per calare in Italia. Ritorniamo a bomba. Maccheroni lunghi e che reggano bene alla cottura, grammi 300. Farina, grammi 15. Burro, grammi 60. Formaggio gruiera, grammi 60. Parmigiano, grammi 40. Latte, decilitri 6. Pangrattato, quanto basta. Se vi piacessero più saporiti aumentate la dose del condimento. Ai maccheroni date mezza cottura, salateli e versateli sullo staccio a scolare. Mettete al fuoco in una cazzaruola metà del burro e la farina, mescolando continuamente; quando questa comincia a prender colore versate il latte a poco per volta e fatelo bollire per una diecina di minuti; indi gettate in questa balsamella i maccheroni e il gruiera grattato o a pezzettini e ritirate la cazzaruola sull’orlo del fornello onde, bollendo adagino, ritirino il latte. Allora aggiungete il resto del burro e il parmigiano grattato; versateli poi in un vassoio che regga al fuoco e su cui faccian la colma e copriteli tutti di pangrattato. Preparati in questa maniera metteteli nel forno da campagna o sotto un coperchio di ferro col fuoco sopra e quando saranno rosolati serviteli caldi per tramesso o, meglio, accompagnati da un piatto di carne.»