Pane carasau
Il pane carasau, è un tipico pane sardo, originario della Barbagia e diffuso in tutta la Sardegna, conosciuto anche con il nome italiano di carta musica o carta da musica. È un pane molto croccante. Di base è fatto con lievito, sale, acqua e farina di grano duro oppure farina d’orzo o cruschello, di colore scuro, consumato dai meno abbienti.
Ne esistono le varianti “guttiàu” e “frattàu”.
Informazioni generali
“Sa cotta”; la lavorazione e le fasi
Il ciclo intero di lavorazione in dialetto sardo viene chiamato “Sa Cotta”. In passato consisteva in un vero e proprio rito familiare, almeno tre donne, amiche o parenti lo producevano per ricevere in cambio olio e ricotta o altri tipi di aiuto.
Esistono molte varianti, tradizioni familiari o paesane sulla preparazione dell’impasto, sulla lavorazione e sulla cottura che determinano sfumature di sapore, di consistenza della sfoglia e di dimensione.
Di seguito la descrizione delle fasi della lavorazione tratte da Wikipedia, una lavorazione lunga e complessa, antica quanto affascinante.
1 – S’inthurta
È la prima fase e tradizionalmente avviene prima del sorgere del sole. Il lievito precedentemente sciolto in acqua tiepida viene mescolato alla farina passata al setaccio (sedattu) e impastata dentro una madia di legno chiamata nelle diverse varianti del sardo iscivu, lacu, lachedda, oppure dentro una conca di terracotta (tianu, impastera).
2 – Cariare o hariare
L’impasto viene lavorato energicamente un tavolo, detto sa mesa pro su pane o sa mesitta. La pasta fresca viene schiacciata, allargata con la pressione dei pugni e riavvolta su stessa, viene aggiunta l’acqua e manipolata con forza fino a che l’impasto risulti liscio.
3 – Pesare
La fase della lievitazione viene chiamata pesare nel senso di alzare. La pasta una volta lavorata, per un tempo variabile a seconda delle tradizioni, viene posta in speciali conche di terracotta. In Barbagia viene messa dentro il malune di sughero ricoperta con teli di lana. L’impasto viene lasciato riposare.
4 – Orire, sestare
Una volta avviata la lievitazione, ll’impasto viene suddiviso in tòcchi regolari detti sestare o orire che vengono arrotondati, infarinati e riposti in particolari canestri (sas horves,canistreddas), avvolti tra le pieghe di teli di lana o di lino per farli riposare (pasare) ancora, in modo che la lievitazione possa continuare.
5 – Illadare
La pasta lievitata viene lavorata con piccoli mattarelli in legno (canneddos, cannones) e con i polpastrelli delle mani, infarinata in continuazione, appiattita ed allargata a formare dei dischi (sas tundas) dal diametro variabile a secondo le località. I dischi vengono depositati sulle pieghe di speciali panni di lana chiamati pannos de ispica o tiazas, lunghi anche dieci metri e larghi 50 cm. Vengono tenuti solitamente arrotolati, ma nel momento del loro utilizzo si srotolano progressivamente prima verso destra per un tratto di 50 cm, e – una volta depositata la sfoglia sferica (sa tunda) – verso sinistra, a coprirla completamente, permettendo in questo modo di depositarne un’altra sulla parte superiore della piega, e così via in un susseguirsi di piegature fino al completo srotolamento. Vengono poi messi da parte e coperti con delle coperte.
6 – Kokere
Per la cottura al forno si utilizza legno di quercia o di olivastro. Il fuoco deve raggiungere una temperatura stabile tra i 450° e i 500°. La fase della cottura dei pani avviene dopo che le braci sono state spinte da una parte tramite una particolare paletta in ferro (palitta ‘e furru) e la pavimentazione del forno spazzata con una scopa speciale (iscovulos, ishopiles). A questo punto inizia la fase della prima cottura. Il forte calore rigonfia la foglia in poco tempo formando una palla. L’aria al suo interno inizia ad espandersi, determinando la separazione dei due strati.
7 – Fresare o calpire
Una volta sfornato il disco di pasta, le due facce ormai distaccate vengono separate (carpire, calpire o fresare) con il coltello, velocemente, possibilmente prima che l’aria defluisca e si riduca troppo il volume e la sfoglia si afflosci. Questa operazione richiede molta maestria ed esperienza. I dischi (sos duos pizos) che rappresentano il prodotto finale hanno una faccia liscia ed una ruvida. Se il pane deve essere trasportato, in questa fase, grazie alla sua elasticità, la sfoglia può essere piegata in due a formare una mezzaluna, o ripiegata ulteriormente di un quarto per adattarla ai contenitori, e rimessa in forno con questa nuova forma per la tostatura.
8 – Carasare
Con l’ultimazione della prima cottura, di solito nel primo pomeriggio, si procede alla seconda infornata necessaria a completare l’intero processo. Sos pizos uno per uno vengono rimessi dentro il forno per la cottura finale detta sa carasadura. A secondo dei gusti le sfoglie vengono lasciate nel forno per un tempo più o meno lungo. Man mano che le sfoglie escono dal forno, vengono impilate (piras de pane) in grossi cesti di asfodelo (isportas). Queste caratteristiche piras sono spesso alte fino ad un metro, vengono avvolte in speciali panni e viene sistemato sulla sommità un peso, di solito un’asse in legno di forma rotonda o dei panni in modo da pressare un po’ le sfoglie.
Dove si compra
Farlo in casa volendo ottenere la stessa fragranza e gusto è abbastanza sconsigliabile anche se esistono ricette per la realizzazione domestica anche se non si dispone di tutto ciò che i sardi utilizzano per la lunga lavorazione. Ormai il pane carasau e le sue varianti sono facilmente reperibili in tutta Italia in confezioni di vario formato, a mezzaluna, intero, o addirittura quadrato.
Tipi di pane carasau
Il pane guttiàu
Il pane guttiàu (in sardo logudorese gocciolato, asperso) è una preparazione del pane carasau. Una sfoglia viene bagnata con poche gocce d’olio, salata e abbrustolita lievemente in forno o sulla griglia. Il pane guttiau è prodotto anche industrialmente e lo si può trovare in commercio confezionato e tagliato in svariati formati per accompagnare aperitivi o altro al posto delle classiche chips.
Il pane frattàu
Detto anche Su pane vrattàu è una preparazione più complessa in cui il pane carasau diventa come una lasagna al forno. In questo caso la carta musica viene immersa per un tempo brevissimo in acqua salata bollente, per poi essere disposta sul piatto, alternata a strati di sugo di pomodoro e pecorino grattugiato (donde il nome), con l’eventuale aggiunta di un uovo in camicia cotto nella stess’acqua.
Informazioni culinarie
Come gustare il pane carasau
Il pane carasau è consumato in molti modi. Secco, cioè al naturale e può accompagnare preparazioni salate o dolci.
Uno dei modi più diffusi per gustarlo è di immergerlo rapidamente in acqua per ammorbidirlo e renderlo più elastico in modo da poter essere avvolto intorno a salumi affettati e formaggi o essere associato ad altro companatico. Per bagnarlo si deve far scorrere dell’acqua unicamente dalla parte interna e ruvida della sfoglia per poi far subito sgocciolare la stessa tenendola qualche istante in posizione verticale, non deve assolutamente però risultare troppo bagnato.
È molto versatile e nulla vieta di usarlo secco a modo di lasagna alternandolo a qualsivoglia ingrediente crudo o cotto, con pomodori, formaggi, insalata o uova, insomma spazio alla fantasia.
Informazioni nutrizionali
Calorie del pane carasau
100 gr di pane carasau in purezza, scondito, contengono circa 365 Kcal.
Informazioni culturali
Le origini, il nome, la storia del pane carasau
Il ritrovamento di alcune coppe di cottura e incerte tracce di pane laminare fanno ritenere che una sorta di pane carasau fosse prodotto già nell’età del bronzo.
Secondo un’interpretazione etimologica, essendo in dialetto “sa cara” = la faccia, carasau significherebbe “affacciato”, dal momento che la sfoglia viene “affacciata” nel forno per pochi istanti fino al momento in cui, dopo che la stessa si è gonfiata, viene rapidamente tolta dal forno per essere divisa col coltello in due parti.
Il termine sardo carasatu, carasadu, crasau o anche pane ‘e fresa, deriverebbe secondo altre fonti dal verbo cariare o hariare, che indica la modalità caratteristica di lavorazione dell’impasto
Perché si chiama anche carta musica?
Viene detto anche “carta musica” per il rumore che si emette durante la masticazione in quanto è un pane sottile e molto croccante.