Cipolla di Cannara
A Cannara (PG) da secoli si coltiva la cipolla e tutt’oggi la coltivazione è ancora completamente manuale e legata alle tradizioni ed alla cultura contadina. La cipolla di Cannara, caratterizzata da un’innata dolcezza è riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T.) dal Ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali italiano. Inoltre la cipolla di Cannara è stata riconosciuta dall’Associazione Slow Food come Presidio fino al 2007 e come Arca del gusto fino al 2008.
Informazioni generali
Detta anche “Piatta di Cannara” le sue numerose varietà sono diverse nella forma e nel colore, ma unite da una innata dolcezza, morbidezza e digeribilità. In realtà non è una varietà di cipolla perchè a Cannara ne vengono coltivate di parecchi tipi.
Varietà
Rossa
Dal bulbo rotondeggiante e di colore rosso ramato.
Utilizzo: la rossa è la più rinomata grazie alla sua dolcezza e digeribilità, tali da renderla ottima anche crude in insalate o crostoni oppure si possono impiegare per marmellate e composte.
Dorata
Dal bulbo di forma simile ad una trottola e di color giallo paglierino
Utilizzo: ideale per i sughi, la pizza e le zuppe.
Borettana o piatta
Dal bulbo appiattito e di color giallo ambra
Utilizzo: ideale per ricette che prevedono la cottura al forno.
Cannara (Pg)
Cannara (PG) è una piccola cittadina nel cuore della Valle Umbra meridionale e dista da meno di 10 Km da Assisi ed adagiata sulla riva sinistra del fiume Topino.
La coltivazione della tipica cipolla si è sviluppata per la particolare conformazione del suo terreno molto argilloso, abbondante d’acqua con una discreta presenza di potassio (il cui apporto è fondamentale durante la fase di ingrossamento del bulbo) e la scarsa presenza di sostanze organiche che permette di ottenere un prodotto altamente conservabile.
I coltivatori del luogo, detti “cipollari”, hanno mantenuto vive le tradizioni produttive e gastronomiche di un tempo. Nel periodo della raccolta, durante la sagra della cipolla di Cannara, è ancora oggi possibile assistere alla legatura delle cipolle nelle caratteristiche “trecce”, che facilitano la conservazione e l’uso del prodotto.
Coltivazione e raccolta
La coltivazione viene effettuata a febbraio in luna calante, dopo aver concimato e preparato i terreni arati in agosto e che hanno ospitato l’anno prima coltivazioni di graminacee come cereali e frumento. Il seme viene distribuito a file con delle seminatrici di precisione che permettono di distanziare il piccolissimo semente della cipolla. Un chilo di seme copre circa 1000 metri quadrati di superficie.
Quando le pianticelle raggiungono un’altezza di 5-10 cm, si procede alla sarchiatura e all’estirpazione delle erbe infestanti; il lavoro avviene a mano con una piccola zappa, e va ripetuto almeno tre volte.
Durante la bella stagione, in mancanza di piogge, i terreni vengono irrigati frequentemente. Secondo una tradizione contadina locale è possibile constatare la buona irrigazione del campo piantando il dito indice della mano nel terreno, se questo viene estratto sporco di terra bagnata significa che la quantità d’acqua penetrata è sufficiente.
Il raccolto inizia le ultime due settimane di luglio e si prosegue fino ad agosto inoltrato. La fase di raccolta è ancora oggi svolta prevalentemente a mano per garantire il massimo rispetto del bulbo. Direttamente sul campo si formano tanti mazzi da 6-7kg l’uno (circa 60-70 cipolle), li si lega con spago o giunco, quindi si posano tutti ravvicinati sulle stoppie o su terreno asciutto, evitando l’esposizione del bulbo ai raggi diretti del sole. Questa fase, che dura quindici-venti giorni, è importante per completare la maturazione del bulbo e per eliminare l’acqua dallo stelo che altrimenti continua a nutrire la pianta che tende naturalmente a germogliare.
Una volta essiccate le foglie, i mazzi vengono rilegati e appesi a cavallo di lunghe verghe di legno disposte su livelli sovrapposti, tipicamente in luoghi bui, asciutti e ventilati. Secondo tradizione erano impiegate allo scopo soffitte e sottotetti. L’imballaggio in sacchetti, cassette di plastica o di legno rappresenta il metodo di vendita e di distribuzione maggiormente impiegato anche dalla grande distribuzione. In questo caso le cipolle sono private delle radici o baffi, dello stelo e ripulite asportando i veli più esterni della tunica. Un metodo più complesso e per certi versi più elegante, nato dall’esigenza di prolungare la conservazione in ambito domestico, è l’assembramento in trecce. Sfruttando il fusto essiccato del bulbo le cipolle vengono intrecciate in caratteristici e variegati grappoli giocando anche sulle varie tonalità di colore della tunica più esterna.
Riconoscimenti
La cipolla di Cannara è riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale (P. A. T.) dal Ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali italiano. Inoltre la cipolla di Cannara è stata riconosciuta dall’Associazione Slow Food come Presidio fino al 2007 e come Arca del gusto fino al 2008.
Il consorzio
Il “Consorzio Cipolla di Cannara” nasce nel 2003, sotto il patrocinio del Comune di Cannara e raggruppa la maggior parte dei coltivatori e produttori di cipolla locali. Il consorzio, oltre alla valorizzazione e salvaguardia del bulbo, intende organizzare e assistere gli associati lungo tutta la filiera, dalla produzione alla raccolta, dalla conservazione alla commercializzazione per garantirne la qualità e la genuinità finale.
Stagionalità
Tutto l’anno.
Reperibilità
Facile soprattutto sul territorio, anche se attualmente sta avendo una buona diffusione a livello nazionale.
Informazioni culinarie
Consigli
Non mettere le cipolle sotto l’acqua (rimedio usato per ridurre il bruciore agli occhi mentre le si taglia), poiché questo influisce negativamente sul loro sapore. Vedi Trucchi e consigli sulle cipolle.
Conservazione
Possono essere conservate a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto, per 2-3 settimane circa fino a che non spuntano i germogli.
Informazioni culturali
Storia
La coltivazione della cipolla a Cannara ha origini molto antiche.
Nello statuto comunale cannarese del XVI secolo leggiamo ” (…) l’orto si intende quello in cui si coltivano ortaggi di ogni genere esclusi agli, cipolle [e] anice”. Queste brevi righe ci suggeriscono che già nel Cinquecento le cipolle avevano assunto a Cannara uno status del tutto particolare rispetto agli altri ortaggi dal momento che, essendo escluse dalla produzione ortiva, erano probabilmente coltivate su specifiche e più grandi porzioni di suolo.
I primi riferimenti storici certi sulla coltivazione delle cipolle a Cannara si trovano in “Notizie di cinque comuni dell’Umbria raccolte ed offerte da Giuseppe Bianconi” del 1863 dove si legge che l’agricoltura locale produceva vino, canapa, grano e cipolle, sovrabbondante rispetto al consumo della popolazione.
Nella “Statistica medico-sociale di Cannara” di Enrico Galletti, del 1879, la coltura della cipolla a Cannara viene definita “quasi eccezionale, in confronto ad altri comuni circonvicini”.
Qualche anno più tardi, nel 1882, Giulio Baldaccini ne parlerà come di una “coltivazione speciale”, poiché si richiede l’uso della vanga, un’attenta concimazione, il trapianto dal semenzaio alla dimora e terreni adatti all’irrigazione. È evidente quindi come la coltivazione delle cipolle non abbia mai smesso di improntare la campagna cannarese, diventando non solo un fattore di identificazione culturale ma anche una vantaggiosa attività per gli addetti al settore.
Così il Mancini nel suo “L’Umbria economica ed industriale” del 1910 rileva che “Nei territori del Comune di Cannara si fa una coltivazione molto profittevole di cipolle per esportazione, come pure nel territorio limitrofo di Assisi si pratica tale coltura, utilizzando opportunamente le acque sorgenti dai terreni superiori (…)”.
Nel 1929 l’Istituto centrale di statistica del regno d’Italia calcola che le coltivazioni umbre di cipolla -ma in questi dati sono compresi anche gli agli- occupano una superficie totale di 30,9 ettari e che la produzione media nella provincia di Perugia è pari a 291,8 quintali per ettaro. Da sole le produzioni cannarese coprono il 32,4% delle superfici che nell’intera regione vengono destinate alle cipolle, e danno luogo ad una produzione media per ettaro di 307 quintali di gran lunga superiore alla media provinciale. Nel 1986 si raggiunge l’apice con il 67,9% delle cipolle umbre prodotte a Cannara.
In passato si hanno notizie anche di come la cipolla di Cannara serviva nel territorio limitrofo a tingere le stoffe con tonalità giallo/arancio sfruttando la tunica più esterna del bulbo bollita in acqua e abbinata al sale o al bicarbonato di sodio come fissante.
Tratto dal sito cipolladicannara.it.
Festa della cipolla di Cannara
Per questo piccolo paese in provincia di Perugia la Festa della cipolla, che si svolge in settembre, rappresenta una delle manifestazioni più importanti dell’anno oltre che l’evento clou del settembre cannarese, che alterna per tutto il mese esposizioni d’arte e fotografiche, momenti di teatro, musica, folclore, alle tradizionali celebrazioni liturgiche in onore del patrono di Cannara San Matteo (21 settembre).
La Festa della cipolla nasce con lo scopo di valorizzare questo importante prodotto locale che viene cucinato in molteplici varietà, ed offerto alla degustazione del pubblico in sei stand gastronomici, allestiti nelle piazze cittadine del centro storico di Cannara. Per l’occasione le cipolle, assieme ad altri prodotti tipici, sono anche vendute nelle caratteristiche trecce dai numerosi mercanti ambulanti dislocati per le vie del paese. La prima edizione della festa risale al 1981 per iniziativa di alcuni volontari che improvvisarono piccole taverne rionali lungo la sede stradale o nei piccoli slarghi del centro storico di Cannara.
Cannara per l’occasione si trasforma in un ristorante a cielo aperto unico nel suo genere con un susseguirsi di visitatori e di golosi da ogni parte d’Italia e del mondo. Le vie del centro storico ospitano, tra mercatini di artigianato e prodotti tipici, diverse esposizioni di artisti locali, mentre nelle piazze più grandi sono organizzati i diversi punti di ristoro, ciascuno con un menu diverso e particolareggiato, con piatti a base di cipolla dall’antipasto al dolce, oltre a piatti tradizionali come la cacciagione e i tipici dolcetti con vinsanto o vernaccia, un vino dolce di produzione locale.